Non pensate di guardare un film che parli di basket e non pensate di guardare un film che parli di arti marziali. Non pensate di guardare un film e basta.
Nel corso delle riprese possiamo assistere all’intera vita del protagonista, abbandonato fin da piccolo dai genitori e lasciato ai piedi di un barbone, che per caso risulta essere il fratello di un maestro di arti marziali. E il primo elemento portante del film viene introdotto: le arti marziali.
Il legame del protagonista con il basket invece è poco chiaro, sembrerebbe limitarsi al fatto che il barbone ai piedi del quale è stato abbandonato stesse dormendo in un prato di fianco ad un campetto.

L’introduzione dura ben poco e ci ritroviamo subito catapultati in una serie di scene in cui è molto facile perdersi. I temi principali su cui dovrebbe basarsi questo film vengono spesso tralasciati per dare spazio a yakuza, ricatti e distruzione di cose (soprattutto bottiglie di vino), alternati a momenti semi romantici/sentimentali. Un amore inizialmente non corrisposto e la ricerca dei genitori vengono brutalmente scaraventati all’interno del film in momenti a caso con la stessa forza con cui il protagonista schiaccia a canestro.
Più si va avanti nel film più diventa difficile stare al passo con la trama. Come difficile è capire il ruolo del “manager” che accompagna il protagonista nella scalata verso il successo. L’unica nota positiva è che tutto si conclude per il meglio, con una serie di colpi di scena senza senso che non vi spoilererò.
Facendo una veloce stima direi che l’80% del film è da buttare. Vale la pena guardarlo per il restante 20%? Si. Si perché il trash al suo interno è da pelle d’oca.
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